giovedì 1 marzo 2012

DA DEADWOOD A LUCK (I)

Temi ricorrenti nella mistica televisiva di David Milch: necessità della storia e necessità dell'individuo.

1. Introduzione

The Man Who Shot Liberty Valance, il film di John Ford del 1962, è un lungo flashback che narra la storia dell'uomo che, intorno al 1870 (gli stessi anni di Deadwood), uccise il bandito Liberty Valance (Lee Marvin): non come vuole la leggenda il senatore Ransom Stoddard (James Stewart), allora un giovane avvocato nella cittadina western di Shinbone, ma il pistolero Tom Doniphon (John Wayne). E' Stoddard, ormai invecchiato, a raccontare gli eventi che portarono all'uccisione di Valance, ovvero a quel duello che lui, inetto con la pistola, non avrebbe mai potuto vincere se Doniphon non lo avesse coperto da lontano sparando con un fucile.

La leggenda di Stoddard (che da lì incominciò una straordinaria carriera politica) nasce dunque da un'illusione ottica simile a quella della scena a casa di Roxane nel Cyrano de Bergerac di Rostand. Doniphon, innamorato della figlia di un ristoratore locale, interpretata da Vera Miles (Hallie, a sua volta innamorata di Stoddard), sussurra proiettili da lontano e salva il rivale in amore trasformandolo in un eroe. Tuttavia Stoddard, a differenza dell'alter ego di Cyrano, Christian, non manca di eloquenza, è anzi proprio un "uomo di eloquenza", non nella Parigi del '600 ma in uno scenario nel quale la legge del più forte è ancora l'unica legge che conta: l'Old West.

Sotto all'involucro del triangolo amoroso, The Man Who Shot Liberty Valance descrive con spirito anti-mitico il passaggio dalla legge del più forte alla legge tout court o, se preferite una versione più ironica, dalla "legge del più armato" a quella del "più eloquente". Infatti, indipendentemente dai suoi sentimenti per Hallie, Doniphon convince Stoddard a non rivelare come sono andate veramente le cose perché comprende che la sua etica da cowboy è ormai un anacronismo e che è essenziale che, fra gli "uomini nuovi", sia il decente e idealista Stoddard a prevalere.

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E' facile perdersi nella complessità di The Man Who Shot Liberty Valance, così come in quella del concettualmente simile Deadwood, ma penso che un breve viaggio attraverso le gemellari tematiche di queste due opere ci aiuterà a comprendere meglio il più grande scrittore della storia della televisione, David Milch, e il suo nuovo straordinario show: Luck.


2. Teorie dell'evoluzione

Il fascino del Far West, e per contagio del genere western, sta nel suo sostanziale anacronismo (lo stesso che Doniphon riconosce in se stesso), cioè nel fatto che la conquista del West mette indietro le lancette dell'orologio evoluzionista restaurando la legge del più forte in un tempo nel quale, quasi dappertutto (anche nell'Est degli Stati Uniti), la Legge è dipende da qualche tipo di sovranità e dunque di riconoscimento. In altre parole, la conquista del West, supportata ideologicamente dal concetto di Destino Manifesto, ripristina (forse più psicologicamente che materialmente) una sorta di "stato di natura" e, di conseguenza, la lotta per la sopravvivenza.

Al suo meglio, il genere western sfrutta questa inattuale parentesi storica come un laboratorio poetico per una riflessione su quel nodo mai risolto da Darwin che riguarda la retroversione della legge del più forte: nel momento in cui l'evoluzione è sostituita dall'educazione (o, se preferite, alla natura succede la cultura) i più deboli (o meno adatti), sotto all'egida culturale della Legge, sopravvivono quanto i più forti (o più adatti).


3. Necessità dell'individuo

Fra tutti gli scrittori contemporanei, Milch è uno di quelli che più profondamente comprende l'inscindibile legame fra economia e psicologia. Marxisticamente è il più marxiano di tutti gli autori televisivi contemporanei perché è l'unico i cui personaggi sono sempre immersi nel più recondito materialismo. Ma Milch è anche il più spirituale degli scrittori televisivi, forse l'unico (o uno dei pochi) capace di mostrare l'istante in cui i rapporti materiali dei personaggi trascendono in sublimi atti di libertà, quei momenti in cui gli individui si staccano dalla materialità del mondo per affermare la loro indipendenza dalla necessità. I suoi migliori personaggi, come Al Swearengen e Andy Sipowicz, anche se alla resa dei conti sono poi destinati a soccombere di fronte alla necessità della Storia, sono capaci di incontrastati atti di libertà dalla necessità.

In Deadwood, la necessità dell'individuo (o forse sarebbe meglio dire la necessità cui gli individui si trovano ridotti) è, come in Greed di Von Stroheim o ne Il tesoro della Sierra Madre di Huston, la cupidigia o, se preferite, l'avidità, quel particolare desiderio nel quale l'esistenza diventa quasi esclusivamente una questione di accumulazione e possesso.

L'oggetto principale dell'avidità a Deadwood intorno al 1870 è, come sapete, l'oro, il principe dei metalli preziosi, il profondo miraggio giallo che fa impazzire gli uomini. Tuttavia Deadwood non offre solo questo. Enclave indipendente all'interno del territorio federale, la futura cittadina del South Dakota promette anche qualcosa di più grande e non necessariamente interlacciato all'illusione di ricchezza: l'anacronistica libertà dell'Old West (paradossalmente la cosa che con più facilità può divenire schiava dell'avidità).

E poiché ho l'impressione che nella poetica di Milch la libertà corrisponda all'umanità, il basilare conflitto interiore della maggior parte dei personaggi è inevitabilmente incardinato sul dualismo avidità/necessità vs. libertà, cioè sulla diade disumanità vs. umanità. Man mano che i personaggi si emancipano dalla necessità dell'avidità, emergono in ciascuno, nuovi o vecchi, comunque differenti bisogni, in particolare la necessità di riconoscersi in quanto comunità, che poi è un altro dei temi principali di Milch.


4. Necessità della Storia

Assai più idealista e, in fondo, molto più ottimista di Deadwood, The Man Who Shot Liberty Valance descrive necessità individuali già raffinate: l'amore, il potere, il riconoscimento e, più di ogni cosa, l'anelito al diritto che, oltre a colmare il desiderio di Stoddard, rappresenta anche il motore della necessità storica. Come vedremo anche in Deadwood, l'avvento della necessità storica è fondamentale perché accelera, o addirittura è la conditio sine qua non del processo tramite il quale i personaggi si riconoscono come membri di una comunità.

La grandezza de L'uomo che uccise Liberty Valance sta nel trasformare il classico tropo narrativo western per il quale una minaccia esterna costringe gli uomini ad aiutarsi reciprocamente in un'indagine sulla formazione di comunità permanenti e, di conseguenza, nel descrivere la fondamentale differenza fra aggregazione e unione, fra collaborazione e alleanza (o, in termini contemporanei, amicizia politica). Così, di fronte alla necessità storica (il cambiamento dell'Old West), è quasi inevitabile che sia Stoddard sia Doniphon accettino responsabilmente la menzogna dell'omicidio di Liberty Valance perché senza di essa non vi sarebbe Legge: senza quella bugia l'epifania della necessità storica passerebbe inosservata.

Deadwood utilizza lo stesso meccanismo narrativo. Tuttavia, mentre in The Man Who Shot Liberty Valance la necessità storica è riversata sull'individuo — nella fattispecie Doniphon — il quale si carica della responsabilità di un vero e proprio omicidio a sangue freddo consentendo così la transizione dalla legge del più forte alla Legge (l'eroe affronta la Storia eroicamente e stoicamente!), in Deadwood la necessità storica è invece incarnata dalla forza avversa e quasi impersonale del personaggio di George Hearst, che né rappresenta un cambiamento in fondo positivo (come quello del Liberty Valance, se condividete la visione di Ford) né lascia all'individuo la possibilità di partecipare attivamente al cambiamento; perché Hearst è l'avvenire nel senso più inquietante del termine, il presagio di un mondo nel quale la libertà dell'Old West sarà un lusso di pochi potenti simili allo stesso Hearst.

E' dunque sia grazie sia nonostante Hearst che gli abitanti di Deadwood si riconoscono infine come una comunità. E, se Milch avesse potuto scrivere una quarta stagione del suo show, avremmo assistito a una sorta di celebrazione di quella comunità in via di formazione, cioè alla scena (mai girata) in cui Bullock, dopo aver perso le elezioni a causa dei maneggi di Hearst, si barrica nel suo ufficio perché non vuole cedere la stella e a convincerlo a accettare, nonostante tutto, il risultato delle elezioni è l'abitante di Deadwood che meno ci aspetteremmo: Al Swearengen.

Come in The Man Who Shot Liberty Valance l'individuo è sconfitto ma, anche se gravido di atroci e violenti capitoli, il libro della Storia mette a segno in qualche modo una vittoria importando la Legge (o una sorta di legalità) a Deadwood, cosa che comunque era ciò che proprio Bullock desiderava.


5. Vittorie (e) sconfitte

Sarebbe facile identificare le trasformazioni descritte in Deadwood e in The Man Who Shot Liberty Valance con un modello hobbesiano o giusnaturalista ma né i personaggi dello show di Milch né quelli del film di Ford rinunciano alla loro libertà o cedono alcun diritto: semplicemente vengono sconfitti da un destino manifestamente più grande del Destino Manifesto, da una necessità più profonda di qualsiasi necessità individuale che, finora, ho chiamato Storia ma, nel caso di Milch, sarebbe forse più corretto chiamare Capitalismo.

Doniphon e Swearengen rappresentano la fine o il fallimento politico dell'Old West anche se, a onor del vero, se questi non si fossero incaricati delle pulsioni di morte della comunità il nuovo non avrebbe mai potuto trionfare. Stoddard e Bullock escono vincenti dalla Storia ma la loro vittoria è colma di sconfitte: Stoddard deve accettare il compromesso con l'omicidio e la menzogna; Bullock, forte e rabbioso uomo di legge nel mondo della legge del più forte, deve accettare la sostanziale debolezza o fragilità della Legge che gli succede.

La seconda parte di questo articolo si trova QUI.

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