giovedì 9 marzo 2017

WELCOME TO THE HELLMOUTH: INTO EACH GENERATION A GREAT SHOW IS BORN




Benvenuti al college, almeno secondo il titolo italiano che: 1) non azzecca il grado scolastico, 2) sbaglia figura retorica, eufemismo invece di metafora. Inoltre, se vogliamo essere pignoli, il titolo americano non è solo metaforico—benvenuti nella bocca dell'inferno, cioè l'adolescenza–ma anche letterale: dalle sue fauci Sunnydale vomita di tutto, vampiri, demoni e variegati mostri della settimana.

WELCOME TO THE HELLMOUTH (scritto e diretto da Joss Whedon)

—Into each generation a Slayer is born. One Girl, in all the world, a Chosen One.

Il primo episodio di Buffy the Vampire Slayer andò in onda vent'anni fa su The WB, un network che ha fatto la storia della televisione inventando il teen drama per come lo conosciamo oggi e, soprattutto, ha fatto la storia della tv proprio mandando in onda Buffy, il primo teen drama in assoluto. Okay, non esattamente il primo (visto che in precedenza si contano un paio di tentativi tipo la serie tv ispirata al film Clueless—il cui successo nel 1995 è comunque la ragione per cui Buffy fu prodotto in primo luogo) ma comunque l'archetipo, lo show da cui tutti gli altri teen drama hanno preso forma.



E la cosa fantastica, come vedremo durante questo rewatch degli episodi chiave, è che Buffy istituisce e destituisce il teen drama allo stesso tempo, lo crea solo per trascenderlo e diventare qualcosa di più grande, esaltante e, per ora, ineguagliato...



La differenza più evidente tra l'episodio zero—Unaired Pilot (1992) girato da Whedon a basso costo solo per promuovere l'idea di Buffy—e Welcome to the Hellmouth (1997) è il casting di Willow, Riff Regan nel primo, Alison Hannygan nel secondo. Per quel che riguarda il resto, già nel 1992 Whedon aveva in mente di ribaltare la nostra percezione della realtà con due minuti di televisione memorabili.

Un ragazzo e una ragazza irrompono nella high school di Sunnydale. E' notte e perché i due possano entrare il ragazzo deve frantumare un vetro con il pugno. La ragazza è vestita da scolaretta, il ragazzo da macho tipo Danny Zuko. Scopriamo subito che il ragazzo è diplomato, dunque più grande, e che probabilmente non conosce il significato della parola consensuale (you can't wait, huh?). L'atmosfera è da horror di serie B e da un momento all'altro ti aspetti che il mostro compaia alle spalle dei due. Ma chi è veramente il predatore? La ragazza sente un rumore. Il ragazzo, con una certa trepidazione, va a controllare, heelloo..? C'è nessuno..? Non c'è nessuno qui. Sei sicuro? Sicuro... Eh, visto che non c'è nessuno la ragazza può trasformarsi tranquillamente in vampiro e addentare il collo del ragazzo...

Come dire, preparatevi al contrario di tutto, a un mondo sottosopra dove l'eroe è la damigella e la damigella in difficoltà si chiama di volta in volta Xander, Angel, Giles, Riley o Spike, un mondo nel quale tutti possono diventare campioni ma solo a patto di essere salvati, prima o poi, da Buffy.



Che l'eroe assoluto della storia, e non solo il protagonista, fosse una fanciulla era qualcosa di inaudito nel 1997, almeno in televisione. Ma che tutti i personaggi maschili ne fossero coscienti al punto da mettere in discussione il proprio ruolo nella storia, se non addirittura la propria identità sessuale, è qualcosa di unico... e anche la ragione per cui Buffy è l'oggetto di numerosi studi femministi...

Tuttavia pensare a Buffy solo come a uno "show femminista" sarebbe riduttivo. Buffy è un'epopea femminile che offre riflessioni sul genere, sulla sessualità e sul ruolo del femminile, tuttavia è anche un romanzo gotico e uno di formazione, è un dramma e un melodramma, è una storia irredimibilmente bella che, pur limitata (in positivo e negativo) dal medium televisivo, raggiunge spesso epici stati di grazia. E' una storia piena di ironia e autoironia, consapevole di quello che sta facendo fino al punto dell'autoanalisi e anche coraggiosa fino all'incoscienza. Soprattutto, è così che trascende il medium televisivo: quando tutto ciò che ti rimane dopo averla vista, mesi o anni dopo, è il suo mito.

Tra il primo e il secondo episodio Whedon definisce il mondo di Buffy e le sue regole con la maestria dei grandi autori horror e fantasy, in particolare la sospensione dell'incredulità dei teenager di Sunnydale (che vedono tutte le "stranezze" ma preferiscono far finta di niente): un pilastro della struttura dello show che, fra l'altro, darà un ricavo emotivo gigantesco alla fine della terza stagione in The Prom...

Come tutta la televisione dell'epoca anche Buffy è scritto "just in time" per cui non si può dire che tutto fosse già programmato ai tempi della prima stagione. Quello che si può dire è che fin dall'inizio, fin da Welcome to the Hellmouth, Buffy lo show non rinuncia a niente e dà tutto allo spettatore, ivi compresi personaggi con un potenziale umano enorme rispetto agli standard televisivi dell'epoca e anche a quelli odierni. A parte forse Angel che, sovente nel corso della prima stagione, sembra star lì giusto per far procedere la trama, Giles, The Master (Mark Metcalf perfetto), Willow e Xander (che nella prima stagione è l'innocuo assorbente dei peggiori istinti della mascolinità adolescenziale) sono vibranti quanto Tony Soprano o Don Draper, anche se vibrano a una frequenza completamente diversa. Su tutti, ovviamente, si staglia Buffy che, come lo show, ha bisogno solo di 12 episodi, cioè di arrivare alla fine della stagione, per cominciare a diventare quello che è.

Welcome to the Hellmouth, il pilot, finisce con un cliffhager, con una nota che in realtà rimarrà sospesa fino alla fine dello show nel 2003, dopo molte morti e rinascite, letterali e metaforiche. Da qui in poi è solo divertimento.




















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