sabato 13 dicembre 2014

THE MISSING: IL TEMPO DI SCHROEDINGER

Nel seguente articolo, che è una sorta di appendice alla lista del meglio e peggio del 2014, sono presenti spoiler leggerissimi, o sarebbe meglio dire vaghissimi, di The Missing, The Affair e True Detective.

The Missing è uno dei migliori show del 2014, The Affair è invece il "pacco" dell'anno. In un articolo che più che a una critica assomiglia a una demistificazione, e che esaurisce qualsiasi disputa sulla banalità di questo show, Emily Nussbaum ha definito The Affair "True Detective: For Her", ma un altro nome avrebbe potuto essere "The Missing: For Everyone". Infatti, nonostante storie molto diverse, The Affair e The Missing utilizzano, con risultati divergenti, strutture narrative imparentate.

Entrambi gli show adottano una narrazione liquida tramite la quale saltano avanti e indietro nel tempo e, soprattutto, entrambi raccontano la storia, di volta in volta, attraverso la prospettiva di un certo personaggio. The Affair, che parla di un tradimento e di un omicidio, utilizza questa tecnica esplicitamente, dichiarando all'inizio di ogni spezzone di episodio di chi sia il punto di vista tramite cui verranno filtrati gli eventi. The Missing, che parla del rapimento di un bambino, fa le cose in maniera un po' più sottile perché, oltre a dover gestire ben più di due punti di vista, non ci avvisa mai quando la prospettiva cambia, e presenta il tutto, almeno all'inizio, in una linearità che poi, pian piano, si rivela falsa e svanisce. Queste differenze possono sembrare soltanto tecniche ma sono sostanziali perché i giochi con il tempo sono inscindibilmente legati alle due narrazioni.


In una storia che si sviluppa in una dimensione lineare e da un punto di vista oggettivo, il tempo connette, congiunge e consolida coerentemente la narrazione. Sceneggiatori e registi possono decidere cosa mostrare di ciò che appare lungo la linea temporale di una particolare vicenda e quanto indugiare in ciascun istante. Con l'aiuto del montaggio possono magari decidere di mostrare anche ciò che è accaduto prima o ciò che accadrà dopo (con flashback e flashforward), ma sono di fatto imprigionati nella causalità e linearità della storia che vanno raccontando. The Missing e The Affair hanno una diversa ambizione: utilizzando l'ambiguità dei punti di vista, in particolar modo del punto di vista, di per sé ambiguo, della memoria e, forse, di quello di personaggi/narratori inaffidabili, rompono sia la linearità sia la causalità per rappresentare un tempo circolare, o meglio, un tempo che sembra girare su se stesso come una spirale.

In The Affair, per esempio, vediamo lo stesso lasso temporale due volte senza sapere se ciò accada perché i personaggi Noah e Alison ricordano cose diverse (selettivamente? geneticamente? culturalmente?) o perché, magari, stanno mentendo all'investigatore che li interroga sugli eventi che precedono (e seguono) la morte di uno dei personaggi secondari. In ogni caso, vediamo il tempo torcersi e ricominciare come se lo spettaccolo al quale abbiamo appena assistito potesse ripetersi all'infinito da ogni punto di vista possibile, e dunque secondo ogni versione possibile. E' un meccanismo che Willa Paskin, in articolo su Slate, ha paragonato a quello di Rashomon di Akira Kurosawa ma, ovviamente, ci troviamo a anni luce da Rashomon.

Nel film di Kurosawa, i tre personaggi coinvolti in un omicidio — un samurai (la vittima dell'omicidio, che appare grazie all'aiuto di un medium), un bandito e la moglie del samurai — non raccontano semplicemente tre versioni diverse della stessa storia durante il processo che segue il fatto, ma ciascuno si autoaccusa del crimine rendendo la verità inafferrabile e, dunque, la giustizia irraggiungibile: qui non si tratta semplicemente di narratori inaffidabili ma di narratori maliziosi e aggressivi che scardinano la linea temporale lasciandola, forse irrecuperabilmente, in frantumi. In realtà c'è anche un quarto narratore, un taglialegna che, alla fine del film, racconta come siano andate "veramente" le cose. Tuttavia, il suo racconto non lenisce la ferita della linea temporale per due ragioni: in primo luogo il taglialegna, rifiutandosi di testimoniare durante il processo, con il suo silenzio ha di fatto mentito, non meno degli altri; in secondo luogo, scopriamo che il taglialegna, che dice di essere giunto sulla scena del crimine subito dopo l'omicidio, ha rubato un prezioso pugnale che apparteneva al samurai, cosa che rende quantomeno sospetta anche la sua versione della storia. Almeno, un po' di giustizia viene ripristinata quando il taglialegna confessa di averlo fatto per nutrire sei figli e un settimo, un neonato abbandonato nelle vicinanze, di cui ha deciso di prendersi cura. Importa, a questo punto, che la sua storia sia vera o falsa?

Non solo The Affair non tocca neanche lontanamente la raffinatezza narrativa di Rashomon, ma mostra soltanto ricordi e/o narrazioni inconciliabili, versioni alternative di uno stesso evento che mettono a rischio soltanto i personaggi (i quali, banalmente e al contrario di Rashomon, responsabilizzano l'altro e non loro stessi per ciò che è avvenuto o sta accadendo) e lasciano in pace tutto il resto: il gioco con il tempo è solo apparente e il massimo che noi spettatori possiamo perdere guardando The Affair è il nostro tempo.

Invece The Missing, come Rashomon, mostra non ricordi e/o versioni inconciliabili, ma, cosa assai diversa, versioni irreconciliabili della stessa storia. Lo fa utilizzando una struttura che, a prima vista, sembra lineare ma che — la cosa sarà chiara solo dopo un paio di episodi — non lo è affatto: la struttura non è quella di un narratore onnisciente che decide cosa mostrare e cosa non mostrare, ma quella di una sorta di flusso di coscienza che passa da un personaggio all'altro come il testimone di una staffetta. Ogni volta che un particolare personaggio è il protagonista di una scena, è il punto di vista di quel personaggio a determinare il tono della scena e le informazioni che ci vengono offerte, un'incombenza che viene poi trasmessa al personaggio successivo, il quale può essere lo stesso o qualunque altro personaggio, in un qualsiasi istante di una storia che si estende lungo l'arco di otto anni. In questo modo, tutti gli eventi di The Missing, compresi quelli personali che non sono direttamente correlati al rapimento del figlio del protagonista, scorrono in un unico flusso di coscienza collettiva (o forse, flusso collettivo di coscienza) che rappresenta più che la frammentazione irrecuperabile del tempo, gli effetti di quella frammentazione su personaggi i quali, nonostante siano passati otto anni, sono sempre allo stesso punto.

The Missing non è solo un lutto interrotto ma l'esperienza traumatica di una comunità per la quale il tempo si è fermato perché, in un certo senso, si sono rotti tutti gli orologi, quelli meccanici e quelli interiori. Il bisogno di chiusura dei protagonisti di The Missing sarà anche il motore della storia, ma è la stasi, l'immobilità del tempo che la fa esistere e che, a un certo punto, rende assolutamente irrilevanti i salti temporali, come se il presente fosse chiuso in una scatola che non possiamo o non vogliamo aprire, e lì fosse contemporaneamente futuro e passato, ancora vivo e già stato.

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Da questo punto di vista, The Missing non è solo largamente superiore a The Affair che, alla resa dei conti, è "Ultimo tango a Parigi: per suore" (Ultimo tango a Zagarolo?), ma anche a True Detective che, alla faccia dei discorsi mistici di Rust Cohle, mostra che il tempo è tutto fuorché circolare. True Detective ha certamente i suoi pregi, soprattutto se uno tagliasse tutti i sermoni e lasciasse scorrere silenziosamente l'America rurale post-industriale della Louisiana, gli USA rigogliosi e arrugginiti che circondano le grandi città putrescenti come la Baltimora di The Wire o la Detroit di Only Lovers Left Alive. Tuttavia, lo show di Pizzolatto ha anche un sacco di difetti, non ultimo quello di usare i salti temporali e l'inaffidabilità dei narratori come un trucco per impreziosire una scontata (alla fine) storia fantasy di cavalieri con qualche macchia che si scontrano con la banalità di un male assoluto (sorta di) e vincono. Non è per la storia in sé, che a parte qualche personaggio poco sviluppato è in generale interessante, ma per le aspettative incoerenti che induce nello spettatore che True Detective fallisce la grandezza a portata di mano.

E' vero che in una storia il viaggio conta spesso più del punto d'arrivo, ma solo se e quando la storia si lascia essere il viaggio. In questo senso, anche se manca un episodio possiamo già dire che The Missing ha già raccontato la sua storia, quella di un incidente che ha fatto girare a vuoto per otto anni personaggi danneggiati in seguito a quell'incidente o già di per sé danneggiati, e dei quali adesso conosciamo i lati oscuri e l'inevitabilità dei caratteri. Così, non c'è mai bisogno che nessuno faccia grandi discorsi sul tempo e sul destino umano in The Missing perché il grande discorso, il senso del destino dei personaggi, è già nelle loro storie, nel loro correre avanti e indietro lungo il quadrante di un orologio fermo, nella loro lotta contro un tempo che passa senza muoversi, che si avvita all'infinito nell'inazione.

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Alison e Noah, Rust Cohle e Marty Hart, e tutti i personaggi di The Affair e True Detective sembrano piuttosto sbiaditi di fronte a quelli di The Missing, che magari non hanno la stessa eloquenza ma si snudano di fronte a noi rivelando piccoli, sorprendenti gesti umani negli atti più disumani e viceversa. Non sono personaggi "cool", non sono estremisti della pulsione di morte, fanatici della scopata in piedi, nudisti della domenica di HBO, non hanno il grilletto facile o le fantasie erotico-esistenziali di sedicenni in calore, e pur non essendo filosofi, scrittori di best seller o Liam Neeson, riescono a sopravvivere a una storia impossibile nella quale, per parafrasare uno dei personaggi, nessuno è semplicemente malvagio per aver compiuto un'azione malvagia o semplicemente buono per averne compiuta una buona.

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