mercoledì 21 maggio 2014

MAD MEN: OGNI FAMIGLIA E' FELICE A MODO DEGLI ALTRI

Tolstoj aveva capito tutto della pubblicità: le famiglie felici si somigliano, quella del Mulino Bianco, quella della Coca Cola, quella che s'ingozza di zuccheri e carboidrati da Mac Donald's, quella che va in vacanza al villaggio Valtur, quella che arreda casa con mobilio svedese. E' per questo che c'è qualcosa che non va nel primo pitch di Peggy per Burger Chef: non è il ritratto di una famiglia felice ma miserabile, almeno per le "mamme" che, alle porte degli anni '70, devono ancora chiedere il permesso ai "papà".


Probabilmente, la prima idea di Peggy sarebbe piaciuta a Guido Barilla, un uomo che non ha letto Anna Karenina o non capisce bene come funziona la pubblicità: in quanto all'essere felici non c'è alcuna differenza fra una famiglia etero e una gay, e qualsiasi differenza non è altro che cattiva pubblicità. La seconda idea di Peggy, invece, è superba e, come spesso accadeva con le idee di Don, è leggermente avanti coi tempi: anche le famiglie infelici possono essere felici, per esempio da Burger Chef, o da IKEA, dove i figli possono lasciare i genitori a patto di ripudiare Pippi Calzelunghe e le coppiette possono mettere su casa a patto di dormire sotto a copriletto puntellati di pois scandinavi chiamati umlaut.

La mia teoria è che IKEA funziona decentemente se abbassate tutto di un livello. La roba del soggiorno e della camera da letto sta bene in cucina, quella della cucina in bagno e quella del bagno in cantina. Per pura coincidenza, la "Teoria IKEA" funziona anche con gli esseri umani che, come i mobili dell'azienda svedese, tendono in genere a sopravvalutarsi.

Potremmo persino dire che è il nostro cervello che funziona esattamente come IKEA: così come IKEA è una versione paradossale dell'arredamento, il nostro cervello è una versione paradossale dell'identità. Per esempio, quando vediamo i mobili IKEA nei vari loculi espositivi tutto ha molto senso, persino il fatto che ogni cosa sia praticamente innominabile: è un quadretto ideale così come il nostro modo di vederci nel mondo non è altro che un quadretto ideale nello streaming identitario della mente: io sono padre, io sono madre, io sono figlio, io sono capo e così via. E' il coma della realtà, così come IKEA è il coma dell'arredamento.

Ma quando torniamo con il nostro nuovo divano Nipplø o con le mensole Köito da montare, improvvisamente succede qualcosa che mette a repentaglio tutto l'arredamento della casa: il mobile IKEA rompe la continuità abitativa, è una catastrofe, rappresenta l'irruzione del reale, scabroso e insopportabile, nella realtà; è un trauma che interrompe il coma entro il quale ci credevamo dei grandissimi interior designer. Ogni tanto succede lo stesso alle nostre identità, e ai personaggi di Mad Men succede questo in The Strategy, l'ultimo (spettacolare) episodio dello show.

Tutti credono di essere qualcosa che non sono e, finché non vengono spostati dallo spazio espositivo dell'identità a quello, diciamo così, mondano abitato dagli altri, non se ne rendono conto. Al solito, Don & Co. si consumano fra realtà, reale e ideale, e specchiandosi negli altri sono costretti a dire: no, cioè sì, quello lì, che non sono io, sono io.

Dunque Petë, Bønnie, Böb, Megån e poi il caso particolare di Peggy Ølson che crede d'essere Don Dräper mentre Don è sempre più Don di quanto lei non sarà mai e, già che c'è, è anche più Peggy di quanto non sia mai stata Peggy, fermo restando che Peggy è Peggy e Peggy è anche Don. Lo so, con le parole è difficile perché sono meno intuitive degli specchi e le immagini qui si riflettono scorrendo attraverso metafore, analogie, metonimie. Infatti: provate a spiegare uno specchio a chi non ha mai visto un riflesso. L'unica soluzione è mostrarlo, cioè mostrare l'orribile, mostruoso riflesso (reale) nello specchio.

E allora, provate a spiegare Mad Men a chi non ha mai visto un riflesso della vita. Anche qui l'unica soluzione è mostrare qualcosa, per esempio The Strategy che, in cinquanta minuti, pulsa al ritmo di quella finzione che chiamiamo vita e di quella vita che si fa chiamare finzione: emozione e autorità in un solo corpo.

Alla fin fine, come la pubblicità ci mostra sempre così bene, la famiglia più felice non è né quella che scegli né quella che ti hanno dato ma quella che trovi. Magari, da Burger Chef.

2 commenti:

d4nd4n ha detto...

Da quando ho scoperto Twitter mi diverto a prendere la frase migliore della tua recensione e a piazzarla in un tweet che rimanda al pezzo. In genere la difficoltà è rappresentata dal limite dei 140 caratteri e dalla tardiva scoperta dei vari siti che accorciano i link e insomma da problemi endogeni a Twitter (o endogeni al mio Twitter).

Stavolta invece il problema è stato scegliere la frase. Quando ho finito la prima lettura avevo evidenziato queste:
- la prima idea di Peggy sarebbe piaciuta a Guido Barilla, un uomo che non ha letto Anna Karenina o non capisce bene come funziona la pubblicità.
- a "Teoria IKEA" funziona anche con gli esseri umani che, come i mobili dell'azienda svedese, in genere tendono a sopravvalutarsi.
- il nostro cervello funziona esattamente come IKEA
- è un quadretto ideale così come il nostro modo di vederci nel mondo non è altro che un quadretto ideale nello streaming identitario della mente
- provate a spiegare uno specchio a chi non ha mai visto un riflesso
- provate a spiegare Mad Men a chi non ha mai visto un riflesso della vita.
- emozione e autorità in un solo corpo.

Poi ho scelto quella che secondo me denota più la tua ricchezza, o almeno quella in cui io vedo più cose: la penultima frase mi ha ricordato un racconto di Cortazar sul tempo e gli orologi e in genere sul racconto disordinato.

Tutto ciò per dirti che credo tu debba raccogliere in un libro (fosse anche un ebook) queste recensioni (a volte spiegazioni a volte altro): complimenti davvero. Complimenti che valgono poco, lo so, ma insomma... ho scoperto una vera dipendenza... da prg ludovico, redred a vulcaniani è un continuo vedere e leggerti. Lanciamo una raccolta fondi per pubblicare i vari pezzi? Da fan di the wire ho il libro del guardian e ti assicuro che il livello non è sempre così elevato.

Ad esempio: 7x05 è una puntata straordinaria e bellissima, ma mi è rimasto solo un tuo tweet e niente di più sulla scena finale, sulla scena di Ginsberg etc. La puntata è bellissima ma senza il commento mi manca qualcosa. Controporva: 7x06, dolcissima ora mi è ancora più chiara, più mia. Avevo l'idea che the strategy fosse una puntata perfetta come finale della serie e, grazie alla "teoria Ikea", mi piace pensare di non avere sbagliato a vederla così: è semplicemente collocata nel posto sbagliato!

Jacob Kogan ha detto...

Ma infatti questo è il finale della serie, solo non è quello di Mad Men ma, chiaramente, quello dei Soprano. :)

Come sempre, grazie per i complimenti.

Posta un commento