martedì 2 ottobre 2012

TERRORE E TERRORISMO NELLA TV CONTEMPORANEA

C'è una cosa che accomuna Homeland, Last Resort e Person of Interest. In Last Resort l'equipaggio del sottomarino Colorado rifiuta di obbedire all'ordine di lanciare un attacco nucleare contro il Pakistan scardinando il meccanismo automatico della catena di comando. In Person of Interest, il protagonista Finch ha impedito al governo di appropriarsi della sua macchina pre-cog (e senziente) per evitare che diventasse un'arma da usare sugli individui che avrebbe dovuto proteggere. In Homeland il casus belli o piuttosto il casus conversionis ad verum Deum è un attacco con i droni.

Le tre premesse di questi show non hanno solo a che fare con gli automatismi tecnologici (o tecnocratici) che minacciano in particolare la nostra capacità di controllare (per quanto possibile) le conseguenze delle nostre azioni, per esempio di dosare la forza durante un attacco (come accade in Homeland e Last Resort) o di dosare il rigore del giudizio (come in Person of Interest). Soprattutto hanno a che fare con l'automatismo della nostra libertà, l'automatismo della democrazia e l'automatismo della nostra presunta centralità nella storia del mondo.

Per mettere in discussione questi automatismi, il capitano Chaplin di Last Resort (che, come dice lo showrunner Shawn Ryan, non sappiamo ancora se sia Washington o Kurtz) prende una serie di decisioni (plausibili e molto umane) giustificate da alcune incongruenze nella modalità con cui perviene l'ordine di attaccare il Pakistan, incongruenze che una macchina avrebbe ignorato. Finch di Person of Interest ha bisogno di Reese sul campo per interpretare correttamente le informazioni della sua macchina (che non è in grado di dire se la "person of interest" della settimana sia vittima o carnefice). In Homeland, il fattore umano è rappresentato sia da Carrie sia da Brody, i quali mettono in discussione, più di quanto non facciano gli altri due show, la nostra percezione sia della sicurezza sia dei potenziali pericoli nella nostra centralità ormai decentrata.

Entrambi bipolari (Carrie patologicamente, Brody ideologicamente), i due protagonisti di Homeland rappresentano fra le altre cose una delle più nobili (e efficaci) caratteristiche umane: il dubbio, la capacità di mettere in discussione le proprie certezze, insomma, anche tutto. E è ironico, ma anche molto interessante e molto realistico, che questi personaggi capaci di dubitare siano anche estremamente paranoici (Carrie e Brody, naturalmente, ma anche Finch, Reese e, per quanto Last Resort sia appena cominciato, probabilmente anche Chaplin) come se il dubbio non fosse altro che una forma di raffinata paranoia.

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O nemici non ci sono più nemici. O vogliamo pensare che il nemico sia quello a tal punto promiscuo da essere indistinguibile dall'amico come nel gioco giocante e paranoico (e dubitante) di Homeland, che mette in scena Giulietta e Romeo ai tempi del terrorismo con Giulietta che insegue il sogno dell'amore impossibile col nemico (un sogno per sempre infranto dal disgelo della Guerra Fredda) e Romeo che è un reduce alla ricerca del nemico nell'amico? Amici e nemici allo stesso tempo?

E' questa l'idea del terrorismo, anzi l'idealizzazione del terrorismo, cioè che ogni amico potrebbe essere un nemico, che l'innocuo tizio seduto lì sul bus di fianco a me e che adesso si è alzato dimenticando quella sospetta borsa di cuoio sia un soldato di quella rapida, severa e inflessibile giustizia (come la chiamava Robespierre) che è per chi la applica — o così sembra — l'emanazione di una suprema virtù. Ho scritto "così sembra", perché quella virtù ha in realtà senso solo nell'abbraccio appassionato fra terrorismo e il terrore che ne consegue i quali, come Carrie e Brody, non possono fare a meno l'uno dell'altro.

Il terrorismo è il nemico alla fine della storia, il nemico che era l'amico, che è ancora l'amico finché improvvisamente non si fa esplodere, il nemico che non ha più fine politico tranne terrorizzare e che, scandalo degli scandali, non potrà mai dirti perché l'ha fatto. Può anche lasciare un messaggio, come Brody l'anno scorso prima del malfunzionamento della bomba o, magari, essere giustificato da altri che rivendicano l'atto terroristico in vece sua, ma lui, quello che si è fatto esplodere, non sarà mai più qui per rispondere alla domanda sul perché l'abbia veramente fatto. Il terrorista classico, quello che mette la bomba e poi la guarda da casa potrebbe, ma in un mondo post-politico la sua azione che senso ha? Il terrorista classico è diventato semplicemente un criminale, quello contemporaneo, l'invisibile — talvolta anonima — bomba umana, è invece l'evoluzione tecnica di un partigiano.

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Pensate a Tolstoj, quando in Guerra e Pace sostiene che siano stati i russi a inventare la guerra partigiana durante la campagna napoleonica. Il terrore è una pedina già in quella guerra. I partigiani russi si ritirano man mano i francesi avanzano e bruciano le case, le città, i campi, tagliando così le linee di rifornimento del nemico. E quando Napoleone entra a Mosca è l'orrore del vuoto che incontra, una città deserta, disabitata e inabitabile. C'è, naturalmente, molto di razionale nella strategia masochista dei russi, in fondo stiamo parlando di duecento anni fa, e c'è ancora un nemico fisico da combattere, ma l'idea di terrorizzare quel nemico è la cosa che meglio sopravviverà alla marcia dei secoli e, quando finiranno i nemici, l'unica cosa rimasta al partigiano per combattere. Cosa?

Infatti contro chi o cosa lotta il partigiano globale di questo secolo? Chi sarebbe il nemico? Prendete Brody. Alla resa dei conti non ne ha la minima idea. Il nemico non è chiaramente gli Stati Uniti né propriamente l'Occidente. Sono forse i meccanismi istituzionali, per esempio la (a sua volta) terroristica guerra con i droni (pensate al terrore di vivere sotto al cielo dell'Afghanistan o dell'Iraq mentre robot volanti comandati con il joystick della Playstation da teenager brufolosi a mille miglia di distanza fanno piovere bombe), o la catena di comando, o forse una singola persona (il vice-presidente, nel qual caso non ci sarebbe neanche terrorismo ma solo vecchia, classica vendetta), o forse — ancora — la "corruzione" dell'Occidente, nemico astratto e intoccabile che ride ogni volta che gli scoppia una bomba sotto ai piedi.

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La cosiddetta guerra al terrorismo è incominciata con il crollo delle Twin Towers, ma che guerra è la guerra a un concetto? Allora, quella guerra si è trasformata in una guerra tradizionale contro un nemico tradizionale che, di fatto, poco aveva a che fare con il terrorismo, cioè l'Iraq, fra l'altro l'unico governo laico del Medio Oriente (anche se di derivazione nazista). Poi è diventata una caccia all'uomo, il "capo" dei terroristi Bin Laden (ma il terrorismo ha bisogno di un capo?). E adesso?

Non dimentico che la "guerra al terrorismo" ha giustificato interessi geopolitici legati al petrolio e alla movimentazione del petrolio ma il terrore c'è, esiste, è qui fra noi e lontano da noi; e noi, terrorizzati, lo usiamo continuamente contro un nemico ineffabile terrorizzando tutti quelli che vivono intorno a quel nemico. Forse Brody è questo che vuole combattere, il circolo vizioso del terrorismo. E, poiché è l'unico sopravvissuto a un atto terroristico, forse è qui per rispondere a quella domanda e spiegarci: perché l'hai fatto?

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