lunedì 17 settembre 2012

BOARDWALK EMPIRE: RIEMPIRE LA NOIA DI VUOTA VIOLENZA

Il ladro che Nucky ammazza nella seconda scena della premiere della terza stagione di Boardwalk Empire muore molto prima, durante un monologo narcolettico che avrebbe mandato in coma anche un santo. In questo monologo di Nucky sulla funzione dei ladri nel sistema economico, tranne la constatazione dell'ovvio non c'è nulla, neanche quell'ironia che si trova per esempio in una Divagazione (sul lavoro produttivo) del 1861, nella quale Marx dimostra con irrefutabile logica che il delinquente è una delle colonne portanti del sistema economico. Cito quel breve saggio di Marx non solo perché, a differenza di quella di Boardwalk, è un esempio di grande scrittura ma anche perché ci ricorda che i delinquenti, e dunque i gangster, sono a loro modo forze produttive all'interno di una società e che la violenza è per queste forze uno strumento, un mezzo e non un fine. Cosa che si potrebbe dire anche della narrazione: se la violenza diventa il fine di una storia non c'è più alcuna storia, solo violenza, ma se la violenza è il mezzo allora sostiene tutti i vari eroi che la avversano (senza i delinquenti non ci sarebbero procedurali) o gli anti-eroi che ne fanno uso per ottenere qualsiasi cosa vogliano ottenere, potere, fama, gloria o, più comunemente, profitti.

Naturalmente, questo discorso perde colpi se ti chiami Cormac McCarthy e hai scritto Blood Meridian. Ma solo in questo caso, e poi non sono neanche tanto sicuro che la violenza sia il fine della storia o dei personaggi o sia fine a se stessa nel romanzo di McCarthy. Dopotutto nel conflitto fra The Kid e The Judge la violenza si sublima incessantemente in metafisica della distruzione.

Alla stessa stregua sono cosciente che letteratura, cinema e TV sono costellati da psicopatici per i quali la violenza sembra essere un fine, tuttavia non è mai fine a se stessa e quando lo è (come in American Psycho), dopo un po' è la storia a perdere colpi (e anche Bret Easton Ellis apparentemente, soprattutto dopo aver twittato che David Foster Wallace è uno scrittore tedioso, sopravvalutato e pretenzioso).

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Il miglior uso della violenza in televisione è attualmente quello di Sons of Anarchy. Sutter comprende molto bene la violenza e la rappresenta come una serie di epifanie che avvengono non solo per lo spettatore ma anche per i personaggi. Non voglio istigarvi a commettere atti violenti, ma è indubbio che la violenza sia una forma di conoscenza, o almeno lo è letterariamente parlando. In SoA, come prima in The Wire o nei Sopranos, la violenza è un modus operandi che funge da catalizzatore della conoscenza, soprattutto per chi non ha altri strumenti, e al contempo apre i personaggi a nuove violenze e, dunque, nuove conoscenze.

Le due parabole di Tig in SoA sono esemplari: prima su ordine di Clay (il presidente del motor club), e per maliziosa assunzione che sia una traditrice, Tig uccide la moglie di Opie (un altro membro del club) poi, durante una sparatoria, la figlia di Pope, un boss locale interpretato da Harold Perrinau. Questi due eventi distorcono l'adamantina amicizia fra Tig e Clay (con varie ripercussioni sull'equilibrio del club) e portano alla scena della settimana scorsa nella quale Pope, con salomonica esagerazione, obbliga Tig a assistere al rogo della figlia. I due omicidi di Tig (l'uno originato da un inganno di Clay, l'altro pure anche se avvenuto poi casualmente) non sono eventi qualunque nella storia dei SAMCRO e, soprattutto, non lo sono nella storia del particolare personaggio che è Tig, paradossalmente un uomo generoso, leale e affettuoso e, sovente, una deriva comica dello show. Il problema è che per Tig la violenza è lo strumento della sua generosità, lealtà e affetto, e la naturale conseguenza di questa aberrazione è la macabra "generosità" con la quale la violenza ricambia l'uso che Tig ne fa.

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Nei Sopranos, la violenza è, per così dire, più classica. Non è uno stile di vita come nel caso dei personaggi di SoA, ma fa piuttosto parte della vita, cioè di quella vita da gangster che vivono i personaggi. Non a caso quando Ralph Cifaretto uccide con inaudita violenza Tracee (la spogliarellista del Bada Bing con cui ha avuto una relazione), nell'immediato la cosa viene assorbita da tutti i presenti con una certa flemma ma, non appena Tony lo scopre, la giornata di Cifaretto volge al peggio. La scena è reminescente del personaggio interpretato in Goodfellas da Joe Pesci (Tommy DeVito) la cui violenza è eccessiva persino per gli altri violenti "bravi ragazzi". La differenza fra ciò che dice Cifaretto dopo l'omicidio ("it's my fault she's a klutz?") e ciò che dice Tony dopo aver pestato Cifaretto ("he disrespected the Bing") è esattamente la differenza fra violenza gratuita e, per così dire, una giusta violenza (naturalmente Tony non pesta Cifaretto perché non ha avuto rispetto per il Bada Bing ma perché è un violento psicopatico figlio di puttana).

Personaggi come Cifaretto e Tommy DeVito hanno un loro perché ma non avrebbero vita lunga in una storia nella quale non ci fossero altri personaggi la cui brutalità non fosse più misurata, perché la reiterazione della violenza gratuita, a differenza di quella del sesso nella pornografia, annoia molto rapidamente. In altre parole, la pornografia della violenza è soggetta a un crollo tendenziale del saggio di interesse e, con questo, possiamo tornare a Boardwalk Empire.

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Nella prima stagione di Boardwalk (la migliore finora) la violenza è stata in sostanza l'oggetto di un conflitto a distanza fra Nucky e il suo figlioccio Jimmy Darmody. Da una parte avevamo Nucky, riluttante a usare qualsiasi genere di violenza prediligendo il morbido uso del potere, dall'altra il reduce di guerra (la Prima) Darmody che, compulsivamente, usava la violenza (o aveva la tentazione di farlo) in qualsiasi occasione. Senza contare il fatto che Jimmy si interrogava senza sosta cercando una ragione della ritenuta rabbia che lo affliggeva, durante quella prima stagione l'unico atto di violenza gratuita (o innecessaria) è la rapina di un carico di whisky diretto a Rothstein proprio da parte di Jimmy (nel pilot), cosa che poi si rifletterà sull'intera annata e definirà il conflitto di cui parlavo poco fa, ovvero: è veramente necessaria la violenza letale quando puoi ottenere gli stessi risultati con la politica?

Il Nucky storico fu proprio un personaggio che riuscì a barcamenarsi fra legalità e illegalità mentre i suoi "colleghi", nient'altro che gangster, impazzavano per le strade di Chicago, New York o Philadelphia: questa è la storia, poi abbandonata, che a mio parere ha tenuto in piedi la prima stagione, una storia di per sé intrigante ma anche interessante perché metafora di molte storie di politici contemporanei. Con la seconda stagione, a parte una serie di plot eccessivamente insaponati e una pletora infinita di inutile sexposition (o solo gratuita nudità), le domande sulla violenza sono via via svanite sotto a una mole sempre più possente di violenza gratuita, talmente estetizzata che l'ambizione di rappresentare una violenza artistica è stata sostituita dal fallimento, riuscito, di creare una violenza falsificata. Quando qualcuno vuole raccontarti quanto è bravo a fare una cosa e non fa quella cosa che sarebbe bravo a fare, non si va molto lontano, e Boardwalk è diventato uno show per raccontare il virtuosismo degli autori e non più la storia di Nucky. O qualunque storia, se è per questo.

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Come ho detto, la terza stagione si apre con l'omicidio di un ladro da parte di Nucky, ma prima viene introdotto un nuovo personaggio (Gyp Rossetti, interpretato da Bobby Cannavale) che ammazza un poveraccio sulla strada perché il suddetto lo umilierebbe... spiegandogli cos'è il 3-In-1 Oil. Tutta la scena è perfettamente girata da Tim Van Patten ma non ha alcun senso, neanche quello di mostrare un personaggio à la Tommy DeVito perché, alla resa dei conti, è solo una scena ridicola che sembra una parodia di un gangster movie.

Qualche mese fa, scrivendo di Boardwalk ho detto che i personaggi usano la violenza per arginare la noia e che Boardwalk a sua volta usa la violenza per arginare la noia degli spettatori. Come in molti film, la violenza è un disinibitore per lo spettatore contemporaneo, istiga il suo desiderio di guardare la televisione e tornare a guardarla e tornare e tornare. Ma liberandolo dalla noia, impedendogli di toccare una noia ancor più profonda che lo metta in contatto con l'essenza delle cose (come riesce a fare Blood Meridian), la violenza estetizzata di molti prodotti contemporanei non stupisce nessuno. Semplicemente, stordisce.

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